Con il nuovo anno arriva un taglio inaspettato sul fronte pensione: l’aggiornamento Istat che pesa sulle tasche di milioni di ex lavoratori.
Se state pianificando di andare in pensione nel 2025, c’è una novità che non vi farà certo piacere: l’assegno pensionistico sarà più basso rispetto a quello percepito da chi ha lasciato il lavoro nel biennio precedente. Questa riduzione è legata agli aggiornamenti dell’Istat sull’aspettativa di vita in Italia, che hanno portato alla revisione dei coefficienti di trasformazione. Si tratta di un meccanismo complesso ma determinante per il calcolo dell’importo pensionistico. Vediamolo nel dettaglio.
Per comprendere l’impatto di questa modifica, occorre partire dalle basi del metodo contributivo, il sistema attualmente utilizzato per determinare la pensione in Italia. In sintesi, l’assegno pensionistico si basa sui contributi versati durante la carriera lavorativa, rivalutati annualmente in base alla crescita del PIL nominale. Questi contributi, aggiornati fino al 31 dicembre dell’anno precedente il pensionamento, costituiscono il “montante contributivo”, che viene poi moltiplicato per i “coefficienti di trasformazione”, i quali traducono i contributi accumulati in un reddito annuale per il pensionato. I coefficienti variano in base all’età di pensionamento e all’aspettativa di vita calcolata dall’Istat. Quando la vita media aumenta, i coefficienti diminuiscono, poiché lo stesso montante contributivo deve essere “spalmato” su un numero maggiore di anni. E questo è esattamente ciò che accadrà dal 2025.
Un taglio concreto: ecco tutti i numeri delle future pensioni
Secondo le nuove stime, il coefficiente di trasformazione per chi andrà in pensione nel 2025 a 67 anni sarà del 5,608%, contro il 5,723% applicato fino al 2024. Un esempio pratico: se un lavoratore ha accumulato un montante contributivo di 300.000 euro, l’assegno pensionistico annuo scenderà da 17.169 euro (pari a 1.320,69 euro mensili per 13 mensilità) a 16.824 euro (1.294,15 euro mensili). La differenza è di circa 345 euro l’anno, cioè una riduzione del 2%. E la variazione negativa riguarda tutte le età. Per chi decide di ritirarsi a 57 anni, il coefficiente passa dal 4,27% al 4,204%; a 70 anni, dal 6,395% al 6,258%. Questi numeri potrebbero sembrare piccoli, ma l’impatto si fa sentire sul bilancio mensile dei pensionati.
L’unica consolazione è che l’assegno pensionistico resta più alto rispetto a quello percepito negli anni pre-Covid. Gli aggiornamenti Istat riflettono infatti un graduale ritorno alla normalità dell’aspettativa di vita, che pur essendo in crescita, non ha ancora raggiunto i livelli di prima della pandemia. Questo significa che, nonostante tutto, i pensionati odierni sono in una posizione relativamente migliore rispetto a quelli che hanno lasciato il lavoro negli anni passati.