Una bimba di soli sei mesi deceduta dopo aver ingerito un pezzo di banana che le è andato di traverso: queste tragedie purtroppo accadono, ma è importante prevenire e saper intervenire.
La notizia della bimba di soli 6 mesi che è morta dopo aver ingerito un pezzetto di banana, che l’ha soffocata, ha fatto il giro del Paese: l’episodio è avvenuto in provincia di Treviso, ma ha scosso tutta Italia, contribuendo ad aprire un dibattito. Nessun dito puntato contro una coppia disperata per aver perso la propria figlioletta, ma una domanda: quanti genitori sono realmente in grado di intervenire in situazioni del genere?
Partiamo dai fatti, sebbene davvero c’è poco da dire di fronte a una tragedia simile: la bimba, figlia di una coppia di senegalesi, ha ingerito un piccolo pezzo di banana. Subito dopo, ha iniziato a manifestare difficoltà respiratorie. I genitori, visibilmente angosciati, hanno cercato aiuto recandosi presso la farmacia vicino casa, che ha allertato il 118 ed è partita immediatamente la macchina dei soccorsi.
In pochi minuti, sul posto sono arrivati un elisoccorso e un’automedica. Tuttavia, i tentativi di rianimazione, proseguiti per oltre 40 minuti, si sono rivelati vani. La piccola è morta tra le braccia dei soccorritori, che hanno davvero fatto il massimo. “Una tragedia come questa lascia un segno profondo. È impensabile per un genitore dover affrontare un dolore simile”, le parole del sindaco del comune trevigiano.
Purtroppo, il rischio di soffocamento da cibo nei bambini molto piccoli è molto alto e la sottovalutazione del rischio è direttamente proporzionale al rischio stesso. In Italia, i numeri parlano tristemente chiaro: ogni settimana si verifica almeno un decesso per soffocamento causato dall’ingestione di alimenti o piccoli oggetti che possono ostruire le vie respiratorie.
Secondo i dati dell’ospedale Humanitas, i bambini rappresentano le vittime più frequenti di questo tipo di incidenti, anche se il problema riguarda, seppur in misura minore, anche gli adulti. Basta un pezzo di frutta tagliato in maniera grossolana più grande di altri oppure l’ingestione di una gommosa per provocare una gravissima tragedia.
Il soffocamento, dunque, può avvenire quando il pezzo di cibo è troppo grosso o la deglutizione non è stata correttamente gestita, per distrazione o per una coincidenza tra inspirazione e inghiottimento. In questi momenti, il cibo può bloccare le vie respiratorie, causando una situazione di emergenza che, se non trattata rapidamente, può avere conseguenze fatali.
Ma quanti italiani hanno fatto un corso di primo intervento e conoscono la manovra di Heimlich, una tecnica di primo soccorso che, se eseguita correttamente, può liberare le vie respiratorie e salvare vite umane? La sensazione è che le persone in grado di intervenire in caso di emergenze come il rischio soffocamento di un bambino o adulto siano davvero molto poche.
La rapidità di intervento è fondamentale e richiede sangue freddo e competenze specifiche. In Italia, nonostante le campagne di sensibilizzazione, una vasta percentuale della popolazione non ha familiarità con le tecniche di pronto soccorso. In molti sostengono che i corsi di primo soccorso, che insegnano le tecniche per affrontare un soffocamento, dovrebbero diventare una parte integrante dell’educazione pubblica.
Siamo totalmente d’accordo con chi sostiene queste tesi: oggi, per mancanza di un’educazione alla salute e al pronto intervento, che appunto dovrebbe essere obbligatoria e gratuita soprattutto per chi sta diventando genitore, sono tante le mamme e altrettanti i papà che sottovalutano la pericolosità di alcuni alimenti per i bambini.
Eppure è proprio da eventi come la morte di questa bimba che occorrerebbe ripartire, per non commettere gli stessi errori di sempre. È fondamentale che la comunità italiana prenda consapevolezza dell’importanza della prevenzione e della formazione per affrontare situazioni di emergenza. La vita è un dono prezioso e la consapevolezza dei pericoli quotidiani, unita a una preparazione adeguata, può fare la differenza.
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