La salute del suolo: la base per il successo della produzione di vino biologico. Secondo gli esperti si potrebbe parlare di grossa scoperta per arrivare ad per ecosistemi fiorenti e vini migliori che arriva dal vigneto Mānatu di Pyramid Valley in Nuova Zelanda. Andiamo a scoprire il motivo.
Tra i vigneti della Pyramid Valley, nella regione di Lowburn in Nuova Zelanda, si sta compiendo una rivoluzione nel mondo della viticoltura biologica e sostenibile. I terreni coltivati con metodi rigenerativi stanno rivelando risultati straordinari, confermati da test scientifici innovativi. Al centro di questa trasformazione c’è Nick Paulin, figura di spicco della viticoltura rigenerativa, il cui lavoro sta ridefinendo il legame tra salute del suolo e qualità del vino.
Un recente studio del DNA ambientale ha portato alla luce un dato sorprendente: il terreno del vigneto Mānatu ha registrato una densità di lombrichi mai osservata prima. Questo elemento, considerato un indicatore chiave della salute del suolo, testimonia l’efficacia dei metodi adottati. Dopo tre verifiche separate sui dati, è emerso che i risultati erano autentici.
Nick Paulin, che dal 2017 guida la viticoltura per Aotearoa New Zealand Fine Wine Estates, ha sottolineato il significato di questa scoperta: “Questi risultati dimostrano che stiamo costruendo qualcosa di importante”. Per Paulin, non si tratta solo di un successo personale, ma di un esempio per l’intero settore vinicolo biologico, in cui il suolo sano diventa la base per una produzione di qualità.
Vicepresidente di Organic Winegrowers New Zealand e membro del New Zealand Winegrowers’ Environment Committee, Paulin è un promotore della sostenibilità a lungo termine. Una delle sue iniziative più curiose è il progetto “Soil your Undies”, che valuta la salute del terreno osservando la decomposizione di biancheria intima di cotone sotterrata nei vigneti (anche qui vi abbiamo svelato alcuni segreti che riguardano il vino).
Questa e altre tecniche innovative mirano a garantire che i vigneti possano essere lasciati in condizioni migliori per le generazioni future. Anche Chris Stroud, rappresentante di New Zealand Winegrowers per il mercato europeo, ha ribadito l’importanza di questa filosofia: “Il suolo è il cuore della viticoltura biologica. La sua salute garantisce la resilienza dei vigneti e una qualità superiore dei vini”.
Le pratiche rigenerative adottate in Nuova Zelanda, come la coltivazione di copertura, l’agricoltura senza aratura e l’integrazione del bestiame, stanno rivoluzionando il settore. Questi metodi non solo migliorano la biodiversità e la struttura del suolo, ma contribuiscono anche al sequestro del carbonio, un passo essenziale per affrontare la crisi climatica.
Attualmente, circa il 10% delle aziende vinicole neozelandesi è certificato biologico, ma questa percentuale è in costante crescita. Pyramid Valley è tra i pionieri che dimostrano come i metodi rigenerativi possano migliorare la qualità del vino e rafforzare la resilienza dei vigneti.
Nel 2025 Marlborough ospiterà una conferenza internazionale sul vino biologico e biodinamico, un evento fondamentale per discutere il futuro della sostenibilità nel settore.
Grazie a iniziative come quelle di Pyramid Valley, la Nuova Zelanda si conferma leader globale nella produzione di vino biologico e sostenibile, mostrando che innovazione e rispetto per l’ambiente possono convivere con successo. La sfida è lanciata: prendersi cura del suolo non è più solo un’opzione, ma una necessità per garantire un futuro sostenibile alla viticoltura mondiale.
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