Una multa astronomica. Ma perché la Russia ha deciso di imporre a Google una sanzione così fuori misura? E il gigante della tecnologia riuscirà ad uscirne?
Google si è visto presentare una richiesta a dir poco inconcepibile: una multa di ben 2,5 decilioni di dollari (2.500.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000). È un numero che supera non solo il valore di Google, ma anche il prodotto interno lordo mondiale. La sanzione, imposta da un tribunale russo, è legata a un’accusa che si fa portatrice di grandi tensioni internazionali.
Le leggi russe su cui si basa la multa prevedono che, per ogni giorno in cui Google si rifiuta di pagare, l’importo della sanzione raddoppi. Questo ha portato rapidamente la cifra a una dimensione astronomica. Secondo Ivan Morozov, avvocato consultato dall’agenzia russa Tass, la somma è stata calcolata applicando la legge russa, che permette un continuo aumento delle sanzioni per le multe amministrative non pagate, senza un limite massimo. Ecco perché, nel giro di pochi mesi, la cifra iniziale è cresciuta al punto da diventare non solo la multa più grande mai registrata contro una società tecnologica, ma anche un simbolo delle attuali tensioni politiche e culturali.
Tutto inizia quando YouTube rimuove i canali di 17 media russi, accusati di diffondere propaganda filo-Cremlino. Questa mossa ha portato Mosca a prendere una decisione senza precedenti, creando una sanzione che sembra più un messaggio politico che una reale imposizione economica. In effetti, Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, ha commentato che la cifra della multa è “impronunciabile” e “simbolica”, facendo comprendere che l’intenzione della Russia è di mostrare la propria determinazione contro ciò che è percepibile come censura dei suoi media da parte delle piattaforme occidentali.
Il portavoce del Cremlino ha aggiunto che, secondo Mosca, Google non ha il diritto di limitare l’accesso dei media filo-governativi alle proprie piattaforme. Questo tipo di restrizioni, afferma Peskov, sono una chiara violazione della libertà d’espressione. Da parte sua, Google ha spiegato che la rimozione dei canali è avvenuta in risposta a leggi e politiche locali di altri Paesi, con l’obiettivo di contrastare la diffusione di disinformazione. La posizione di Google si allinea con le scelte di molte altre piattaforme che, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, hanno limitato o bloccato media russi accusati di essere “portavoce della propaganda di Mosca”.
Questo caso porta alla luce questioni centrali e delicate sulla libertà di parola e l’autonomia delle piattaforme digitali. Se da un lato Google e altre aziende si ritengono responsabili nel prevenire la diffusione di informazioni false, dall’altro il Cremlino considera queste azioni una censura diretta alla libertà di parola dei propri media. La somma imposta a Google è anche una risposta politica e una dichiarazione d’intenti da parte della Russia, volta a rivendicare il diritto dei propri media di operare senza restrizioni sulle piattaforme globali.
Per molti osservatori, questa cifra è chiaramente irrealizzabile e improbabile che venga pagata. La sanzione, più che un reale tentativo di incassare una somma, riflette un tentativo del Cremlino di mettere sotto pressione le multinazionali tecnologiche per rispettare le sue regole. La Russia, infatti, ha rafforzato notevolmente la propria regolamentazione sui media e sulle piattaforme digitali negli ultimi anni, richiedendo alle società come Google di seguire le leggi locali o di affrontare sanzioni sempre più pesanti. Alla fine, questa multa non si limita a essere una penalità finanziaria. Essa rappresenta un messaggio della Russia e l’inasprirsi delle relazioni tra governi e piattaforme digitali.
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