Mano a mano che ci avviciniamo al 2025 crescono i dubbi sul fronte delle pensioni ma una cosa è certa: se scegli una certa misura rischi di perdere davvero tanti soldi!
Molti lavoratori festeggiano perché nel 2025, finalmente, potranno smettere di lavorare e accedere alla tanto sospirata pensione. Il Governo di Giorgia Meloni, per ora, non ha cancellato la legge Fornero ma, del resto, non ha nemmeno aumentato l’età per accedere alla pensione di vecchiaia.
Pertanto, anche nel 2025, per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria sarà necessario avere almeno 67 anni e non meno di 20 anni di contribuzione. Dunque, a conti fatti, nel 2025 dovrebbero uscire dal lavoro i contribuenti che sono nati nel 1958. Ma non solo: “migreranno” dagli uffici anche molte persone nate negli anni successivi.
Infatti, pur non avendo introdotto nessuna nuova misura per agevolare le uscite, l’Esecutivo ha, comunque riconfermato tutte le opzioni di pensione anticipata già in vigore nel 2024 e non sono affatto poche a ben vedere: pensione anticipata ordinaria, Quota 41, Quota 103, Ape sociale, Opzione donna.
Ma quale scegliere? Già perché non tutte le misure sono fruibili da tutti i lavoratori e, inoltre, c’è un altro aspetto da tenere in considerazione: eventuali penalizzazioni. Se fai parte dei fortunati che potranno accedere alla pensione nel 2025, evita di scegliere una certa misura o subirai grossi tagli sull’assegno tutti i mesi.
Via libera del Governo Meloni, per il 2025, a tutte le misure di pensione anticipate già in vigore. Ma attenzione a scegliere bene con quale modalità uscire dal lavoro o rischi di rimetterci un mucchio di soldi. In particolare nel 2025 una misura non sarà affatto vantaggiosa per le tasche dei contribuenti.
Nel 2025 potranno andare in pensione anche i nati nel 1963 i quali, il prossimo anno, compiranno 62 anni. Già perché il Governo ha riconfermato anche per il prossimo anno Quota 103. Questa misura prevede il pensionamento a soli 62 anni con almeno 41 anni di contributi e, rispetto, ad esempio, a Quota 41, ha un grosso vantaggio: si rivolge a tutte le categorie lavorative.
Ma Quota 103 non è vantaggiosa per altri motivi. Da quest’anno – al fine di disincentivare troppe uscite di massa dai luoghi di lavoro che metterebbero seriamente in crisi le casse dell’Inps – chi sceglie di andare in pensione con Quota 103 ha un assegno previdenziale interamente ricalcolato con il sistema contributivo che, per il lavoratore, è decisamente meno vantaggioso del sistema misto.
Infatti, secondo le stime, si possono avere perdite anche del 30% sulla pensione mensile. Inoltre con Quota 103 l’assegno Inps non può mai superare di 4 volte l’importo del trattamento minimo. Questo non è, però, l’unico svantaggio di questa misura di pensione anticipata.
Il secondo svantaggio riguarda le finestre di uscita, cioè il tempo che passa tra il perfezionamento dei requisiti per andare in pensione e l’ottenimento effettivo del primo assegno Inps. Chi va in pensione con Quota 103 dovrà aspettare ben 7 mesi per ricevere il primo assegno previdenziale se appartiene alla categoria dei dipendenti del settore privato o dei lavoratori autonomi. Nel caso di dipendenti del settore pubblico l’attesa sarà ancora più lunga: addirittura 9 mesi.
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