Chi dice pensione dice (anche) rivalutazione: ecco chi vince e chi perde nel nuovo anno che sta per cominciare.
Ogni anno il meccanismo di rivalutazione delle pensioni arriva puntuale come un orologio – o meglio come una bussola che orienta il potere d’acquisto dei trattamenti previdenziali, adeguandoli al costo della vita. Tuttavia, negli ultimi due anni, questa bussola ha funzionato in modo meno favorevole per molti pensionati italiani, soprattutto per chi percepisce somme superiori a cinque volte la pensione minima. E ora, con il 2025 alle porte, il panorama cambia nuovamente, tra promesse di ritorni alla “normalità” e nuove esclusioni che fanno discutere.
Riavvolgiamo brevemente il nastro. Dal 2023 al 2024, il governo Meloni ha applicato un taglio significativo alla rivalutazione, penalizzando in particolare i pensionati con assegni elevati. Nel 2025, invece, si torna al meccanismo originale previsto dalla legge del 1998. Questo significa che solo gli importi superiori a quattro volte la pensione minima (598,61 euro) subiranno una rivalutazione parziale: il 90% tra le quattro e le cinque volte, e il 75% oltre le cinque volte. Ma non è tutto.
Un boccone amaro per i pensionati italiani
Il tasso di rivalutazione per il 2025, pari allo 0,8%, appare modesto rispetto a quelli ben più corposi degli anni precedenti (8,1% nel 2023 e 5,4% nel 2024). Di fatto, l’aumento per la maggior parte dei pensionati sarà ridotto a pochi euro, un’inezia per chi sperava in un respiro più ampio contro l’inflazione. Ma la vera novità della legge di Bilancio 2025 è l’esclusione dei pensionati residenti all’estero dalla rivalutazione. Una misura straordinaria che tocca circa 310.000 pensionati, per un risparmio che il governo destinerà ad altre misure.
Per i pensionati all’estero con assegni elevati, il mancato adeguamento inciderà per poche decine di euro al mese. Per chi percepisce importi vicini al minimo, la perdita sarà contenuta entro pochi euro, visto che la pensione minima sarà comunque portata a 603,39 euro. Un impatto modesto, ma dal forte valore simbolico: è giusto escludere una fascia di cittadini italiani solo per il loro domicilio? Con un tasso così basso, inoltre, molti si chiedono se il meccanismo di rivalutazione, pur ripristinato, possa davvero garantire il mantenimento del potere d’acquisto. E se la rivalutazione del 2025 segna un apparente ritorno alla normalità, il costo sociale delle esclusioni – e il dibattito che ne consegue – lascia presagire che la questione pensioni resterà al centro della scena politica ancora a lungo…